«La Formula 1 senza Ferrari non va avanti. Ora gare con le griglie invertite»- Corriere.it


ha dato Daniele Sparsi

Stefano Domenicali, il capo dello sport più veloce del mondo: «Abbiamo conquistato un pubblico non fanatico di corse. Creare contenuti diversi: i giovani hanno bisogno di intensità: nuove telecamere, nuovi tipi di narrazione»

MONZA Mister Formula 1 cammina nel paddock di Monza con lo svelto passo di chi macina decine di chilometri di corsa per tenersi in forma. L’aria è di casa, sua moglie Silvia è di qui, ma il tempo per le distrazioni è zero. L’agenda è fitta di incontri: capi di Stato, manager, vip, team director. Un italiano ai vertici dello sport più veloce del mondo, Stefano Domenicali, per condurre più di 500 persone. «Perché un GP non è solo una corsa di machine ma la ventrina di un Paese. Dal punto di vista culturale, economico e valoriale. Il campionato è seguito da 2 miliardi di telespettatori, uno degli eventi sindacali, per un periodo ogni sette giorni e un mese, con 8.000-15.000 persone. Con un prezzo economico di 100-150 milioni di euro, parlo solo di sport ed è ridicolo».

Vetrina anche per l’Italia, quanto c’è di Made in Italy in questa F1 oltre alla Ferrari?

“Sono italiano e ho la responsabilità in ambito internazionale di trasferire il valore dell’italiano attraverso idee innovative, capacità di relazione, impegno necessario per far progredire. Ferrari, Pirelli, AlphaTauri, Dallara sono i nomi più noti. Ma ci sono altre aziende di software presenti in tutti i componenti che fanno cistemi della F1 e molto altro. Per non parlare di alcuni partner commerciali: sono entrati in mercati che non vogliono mai raggiunto in così breve».

La F1 sta diventando molto interessante nell’ultimo anno. Come si spiega: merito dei duelli in pista, della comunicazione?

«Abbiamo conquistato un pubblico non fanatico della Corsica. Creazione di contenuti diversity per persona diversity, e giovani hanno bisogno di intensità: nuove telecamere, nuovi tipi di narrazione. Sa qual è il riconoscimento più grande?».

No, quale?

«Che lo star system americano, presente in massa a Miami, abbia detto: “This is the place to be”».

Una carriera varia la sua: da muretto della Ferrari, dove era team director, ad della Lamborghini, e now della F1. Qual’è il segreto?

“Semplicemente. Ogni lavoro si affronta con la voglia di imparare, crescere e osare l’esempio come capo. Nello sport e nel business, l’important è non essere mai soddisfatto, ma in maniera costruttiva. Ora la fortuna di lavorare con una persona che è stata con me per molto tempo, potrebbe essere passato molto tempo da allora.

Ha mai sentito diffidenza nei suoi confronti perché italiano?

“No. Siamo apprezzati per la capacità di risolvere i problemi, al di là delle battute».

Quali sono state le sue sfide più grandi?

«Far crescere il campionato ai tempi del Covid. Trasporterò la F1 nei mercati della conoscenza, della consulenza e dei contenuti Internet. Nella sostenibilità ambientale non dobbiamo occuparci della ricerca e non ci serve un euro”.

Com’è la sua giornata tipo?

«Sveglia alle 5.30, mi ritaglio un’ora per lo sport. Mi piacerebbe giocare a basket ma a Londra non trovo campi. Poi tutto il giorno fino a tarda sera».

Rischio di staccare ogni tanto?

«No. Quando c’è una certa responsabilità da parte di chi ti circonda, io continuerò a pensare a soluzioni e idee».

Chi dice che la F1 ormai è solo uno spettacolo e non uno sport, cosa replica?

“Quello è uno sport e anche uno spettacolo. I due elementi sono combinati».

La soddisfazione più bella da capo della F1?

«Il Mondiale ha deciso nell’ultimo turno dello scorso anno, l’anno dopo Abu Dhabi. Tralasciando le polemiche…».

Qualcosa di irripetibile?

“Spero che tu abbia una consuetudine, sarai un sogno che tutto il Mondiale se deciderai nel finale del GP”.

Con questa crescita una F1 senza Ferrari potrebbe esistere?

«No, è un binomio inscindibile. E credo che il pensino così anche i verici della Ferrari».

A tempo si tifava per i team, now sono i piloti a trascinare il pubblico. Una bella rivoluzione

«È un elemento sul quale abbiamo investito tantissimo. L’Italia è l’unico Paese dove si tifa Ferrari fa a meno da chi la guidi. Altrove contano i piloti, basta vedere l’effetto Verstappen. Petrolio del treno Norris».

Come sono i rapporti tra lei e il presidente della Fia, Mohammed Ben Sulayem? Se dice che non sono facili…

«Il rapporto tra F1 e Fia è stato il principale fattore di successo. Noi abbiamo l’obbligo di massimizzare la parte commerciale, loro spettano le scelte sportive dal punto di vista del regolamento, che ora spetta anche ai controlli finanziari. Il nuovo presidente se è istigato a gennaio, sta costruendo la sua squadra. Ci confrontiamo tutti quasi i giorni, la relazione deve continuare ad essere quella nel rispetto della responsabilità di ciascuno. La cosa più importante è ripristinare l’unità e trovare una visione comune della F1».

Gara sprint, nuovo format, cambierò?

«Perché bisogna provarci, le scuse per non fare sono sempre tante. È un principio di vita. I puristi che storcono sempre il naso, ma la F1 negli anni ha cambiato determina di volte il qualifiche mode. È un’esigenza non rinviabile, avere ancora più spettacolo».

In chemodo?

«Vorrei che si lottasse sempre per qualcosa che vale per il titolo. Affrontiamo il tema nella prossima F1 Commission: lo vogliono i tifosi, gli organizzatori, tutti. La Sprint Race è stata proprio il primo esempio, migliorabile».

Ci sveli una proposta.

«In un normale weekend, quel composto dà prova gratuita 1 e 2 al venerdì, ogni sessione dovrebbe mettere in palio o punti, o giri di qualifica singoli, o una qualifica per un sabato gara, diverso e corto, al posto del terze liberate, magari con il meccanismo della griglia invertita».

Griglia rovesciata?

“Stiamo mettendo sul tavolo a marea di cose. Molti dicono di no, ma abbiamo vista alcune occasioni (legate alle penalizzazioni, come in Belgium, ndr) la bellezza di avere dei rimpasti in gara, più sorpassi. Abbiamo l’obbligo di proverci».

Verstappen ricorda Schumacher?

«Gli assiomiglia perché mette al centro tutto ciò che fa in pista. È così maturo, è importante gestire le proprie emozioni. È un cannibale, non guardia in faccia nessuno. E in quest mio ricordo tanto Michael».

E Leclerc?

«Pilota straordinario anche lui, dotato di una diversa empatia da Max. C’è anche un altro interesse per la F1 e ha uno svilupparli».

Il Gp dei sogni dove lo organizzerebbe?

«Sulle Dolomiti, ovviamente sarebbe tutto green».

10 settembre 2022 (modificato il 10 settembre 2022 | 10:48)



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